I padri Maristi iniziarono il loro ministero a Pratola Peligna nel 1924 chiamati dal vescovo di Sulmona: sin dall’inizio si occuparono del Santuario della Madonna della Libera e della vita liturgica della comunità pratolana.
 Nelle parrocchia esistono vari gruppi di laici: Azione Cattolica, San Vincenzo, Gruppo Giovani, Cammino Neocatecumenale, Confraternita della Trinità, Confraternita di Sant’Antonio e Laicato Marista. 

 

 

 Oltre le attività di catechesi in preparazione ai sacramenti, esiste anche un gruppo biblico di riflessione sulla parola di Dio e un gruppo di preghiera. Importanti per la vita parrocchiale sono i momenti liturgici e di festa patronale. La festa patronale è quella della Madonna della Libera, nella prima domenica di maggio. Essendo uno dei più importanti santuari d’Abruzzo, e sicuramente quello più importante dedicato a Maria, le liturgie della festa Patronale sono seguita da quelle dell’Ottava e precedute da un triduo di preparazione. Segno di fede ancora viva è il pellegrinaggio di vari paesi al santuario della Madonna della Libera. Quello di Gioia dei Marsi viene compiuto a piedi secondo l’antica tradizione.
Il paese di Pratola Peligna ha ufficialmente due parrocchie gestite entrambe dai PP. Maristi: la parrocchia della Madonna della Libera e quella di San Pietro Celestino.

 

Santuario Maria SS. della Libera - La leggenda

 

 Pratola è nota - e non soltanto nell'ambito territoriale peligno - come "il paese della Madonna". L'origine del culto verso Maria, qui profondamente radicato, trae origine dal leggendario rinvenimento di un quadro raffigurante la Vergine in atto di proteggere i devoti, fra cui il papa Celestino V, trepidamente raccolti sotto il suo manto. Il quadro si conserva nel Santuario, in una cappella apposita

 

 

 A trovarlo, agli inizi del 1500, sarebbe stato un tal Fortunato che, malato di peste, si era rifugiato tra i ruderi di una antica chiesetta campestre, nella borgata Torre, dipendenza del Comune di Pratola, alle falde del monte Cerrano, per attendere in un luogo sacro l'ormai prossima fine. Addormentatosi, vede in sogno una Donna bellissima, vestita di rosso e con un manto celeste, che si presentò come "Liberatrice", assicurando l'immunità dalla peste per lui e per tutto il popolo di Pratola.
 Lo stupefatto Fortunato, svegliatosi, intravide tra le macerie un occhio che lo fissava; scavò e vide affiorare via via una figura divina, che gli fece esclamare con fede: "Madonna, lìberaci". Informata del fatto, la gente accorse raccogliendosi in preghiera. Poi fu deciso di portare l'immagine in paese, con un carro trainato da buoi. A questo punto, sarebbe sorta una contestazione da parte dei vicini sulmonesi (forse per l'incerta collocazione territoriale del luogo del ritrovamento), che volevano per sé la prodigiosa immagine. Si decise allora di risolvere la contesa, lasciando ai buoi la scelta del luogo verso cui dirigersi. I sulmonesi attaccarono al carro sette paia di animali, ma il carro non si muoveva. Si mosse, invece, al tiro dei soli due buoi attaccati dai pratolani, dirigendosi verso Pratola e fermandosi (anzi 'impuntandosi', secondo uno stereotipo ricorrente) nel posto in cui poi sorse il Santuario.

 

 

 

 Per la sistemazione della miracolosa immagine (cm.106 x 170, senza il riquadro), nel 1540 fu edificata una cappella, restaurata nel 1587. Non tardò molto che la cappella si rivelò insufficiente di fronte all'espandersi del crescente culto mariano, per cui si rese necessaria la costruzione di un tempio adeguato all'afflusso dei pellegrini, attratti dai prodigi effettuati dalla Madonna; per questo, nel 1851, il vescovo sulmonese Mario Mirone con una solenne manifestazione benedisse la prima pietra del meraviglioso tempio che ancora oggi ammiriamo. Il complesso sacro era stato ideato dall'architetto Eusebio Tedeschi (Pratola, 1815 - Napoli, 1848), assai noto negli ambienti napoletani; esso fu realizzato dopo essere stato messo da parte in un primo momento, per il presunto eccessivo costo di realizzazione. Tutto il popolo pratolano contribuì, in un modo o nell'altro, al progresso dei lavori, sull'esempio dato da don Domenico Santilli, parroco dell'epoca, che dalle falde del Morrone trasportò a spalle un pesante sasso fino a Pratola. Non si conosce la data esatta della conclusione dei lavori, ma essa può essere posta intorno al 1860 dal momento che la data 1858 compare incisa su una pietra dei muri più alti della facciata. Inoltre è documentato che nel 1863 il Parroco di Castelnuovo, Don Francesco Tozzi vi predicò il Quaresimale.
 Nella chiesa oggi c’è una cappella dedicata alla Madonna della Libera, che, oltre al quadro originale della Madonna, ospita anche la statua risalente al 1741 e realizzata - pare - nella vicina Badia di Santo Spirito del Morrone, comunque donata al Santuario pratolano da quei Monaci Celestini. Questa statua, che viene portata in processione in occasione della festa di maggio, è stata oggetto di atti sacrileghi come la spoliazione degli ori nel 1978 (subito rimpiazzati e ad abundantiam dalla devozione dei fedeli), ma anche di attenzioni delicate. Una di queste è costituita dal ricamo prezioso della veste (opera di Barbara Micarelli, fondatrice della Congregazione delle Francescane Missionarie di Gesù Bambino), usata fino al 1982, quando venne sostituita da una veste, offerta da Domenico Di Benedetto. Parimenti dedicato è stato il gesto che ha consentito la sostituzione della consunta vecchia capigliatura della statua con una nuova, formata con i capelli offerti dalle giovani donne pratoline.  

Chiesa San Pietro Celestino

 

 

 

 

 La Chiesa madre di Pratola Peligna, è quella dedicata a San Pietro Celestino, sorge nel centro del vecchio abitato detto "dentre la terre", presso il castello De Petris; una piazzetta la divide da un ex convento, oggi adibito ad asilo infantile.

 Nella prima campata, invece, notiamo lo stipo del fonte battesimale, riquadrato da architrave, stipiti e piedistalli di pietra scolpita e decorata con candelabre e mascheroni rinascimentali. Nelle due basi, evidentemente posposte, compare una iscrizione riportata alla luce nel 1980 dalla Dottoressa Enrichetta Santilli:  

 

HOC OPUS FIERI FECERUNT DOMINICUS AMICI COLELLE
ET ANDREAS SANCTE CRUCIS
PROCURATORES DE ECC(LESIE) AD 1545.
(DOMENICO DI AMICO COLELLA E ANDREA DI SANTA CROCE
PROCURATORI DELLA CHIESA FECERO FARE
QUESTA OPERE NELL' ANNO DEL SIGNORE 1545).

 

   Sicuramente è questa la data più antica rinvenuta all'interno della Chiesa, sulle cui origini abbiamo pochissime notizie. Ma la pianta di tipo basilicale e le ampie arcate tradiscono una costruzione precedente al 1545. Sappiamo che Celestino V fu canonizzato nel 1313, ne consegue che la chiesa a lui dedicata è posteriore, per cui all'interno del Castrum prima di questa data doveva esisterne una diversamente intitolata. Questa tesi è suffragata da una epigrafe in caratteri gotici murata da qualche parte sulla facciata e oggi scomparsa. L'epigrafe informava come nel 1228 Gualtiero d'Ocre, Vescovo di Valva fece compiere l'Opera, cioè la Chiesa, da Giustino muratore.

 

Sito parrocchiale